Marketing emozionale, ne hai mai sentito parlare? È una potente strategia che punta a sollecitare le emozioni dei consumatori per ottenere un profondo coinvolgimento.
Copywriting e scrittura persuasiva fanno ovviamente la parte del leone in tutto ciò: le parole giuste toccano le corde giuste e, soprattutto, spingono le persone verso le azioni giuste – o meglio, desiderate.
In questo articolo ti spiegherò, con il supporto di dati e infografiche, come il copywriting e la scrittura persuasiva siano strettamente legati al concetto di marketing emozionale.
Scoprirai come sia possibile colpire le emozioni dei lettori attraverso tre approcci distinti: l’empatia, la stimolazione dei sensi e la sollecitazione diretta. E ti parlerò anche di un errore che assolutamente non devi fare.
Copywriting persuasivo e marketing emozionale: per prima cosa chiariamoci le idee
È facile riempirsi la bocca di paroloni quando si ha a che fare con il marketing. Ma è altrettanto facile, per chi non è esperto, perdere l’orientamento in questa selva di termini più o meno specifici.
“Marketing emozionale” è uno di questi termini. In realtà non identifica una tecnica di marketing specifica, ma più un approccio, un modo di intendere il marketing.
Un approccio che in questi ultimi anni è stato usato e, spesso, abusato anche a danno dei consumatori. Ma facciamo un passo indietro. Per capire a fondo il marketing emozionale bisogna avere una chiara idea di cos’è il copywriting persuasivo.
Ed eccoci a un altro termine che può far cadere in confusione: il copywriting è persuasivo per definizione. Non esiste comunicazione, nell’ambito del copywriting, che non sia mirata a raggiungere un obiettivo.
A far fare qualcosa a qualcuno, a convincerlo di qualcosa. Il copywriting persuasivo è una forma di scrittura strategica che ha l’obiettivo di influenzare il comportamento e le decisioni del consumatore/lettore attraverso la persuasione.
La persuasione è l’arte di guidare qualcuno verso un determinato risultato, spingendolo a fare un’azione specifica, adottare un punto di vista diverso o aderire a un’idea nuova o che non aveva considerato.
Ecco perché per il marketing in generale, il copywriting è uno strumento assolutamente irrinunciabile. Tanto più per il marketing emozionale, che punta a “sfondare la porta” facendo leva sulle emozioni.
Il copywriting è l’ariete. Le parole giuste sono in grado di colpire le corde emotive dei destinatari e spingerli a connettersi profondamente con il messaggio, il prodotto o il servizio promosso… quasi senza che se ne accorgano.
Da un grande potere derivano grandi responsabilità
Vorrei che tu riflettessi su quello che ho appena scritto: “quasi senza che se ne accorgano”. Il “trucco” della persuasione è tutto lì. Chi è bravo sa agire sull’inconscio delle persone, sa parlare alla mente inconscia, come mi piace ripetere.
Perché proprio l’inconscio? Perché le emozioni “risiedono” lì: sono risposte non filtrate dalla razionalità, la nostra capacità di filtro e regolazione interviene dopo. Dopo che un’emozione è già nata.
Possiamo assecondarla, tentare di reprimerla, nasconderla… ma se l’abbiamo sentita nascere, ormai il “danno” è fatto: l’emozione ha lasciato la sua impronta nella nostra mente (inconscia).
Un dato per farti riflettere:
Secondo le ricerche di Gerard Zaltman, professore della Harvard Business School, il 95% delle decisioni di acquisto sono inconsce
Fonte: Harvard Business School
Questo è esattamente il motivo per cui il copywriter (e il marketer, in generale) deve essere responsabile. L’etica dovrebbe essere uno dei suoi valori guida.
Perché è indubbio che chi padroneggia l’arte del copywriting ha un grande potere: quello di influenzare le decisioni delle persone, spingendole verso un’azione piuttosto che un’altra. E allora l’onestà non deve mai, mai mancare.
Il copywriting è alla base della comunicazione emozionale
Come sicuramente sai già, il copywriting va oltre la semplice presentazione di informazioni. La scrittura persuasiva prevede l’uso di parole, frasi e strategie che innescano una risposta emotiva.
L’obiettivo finale è quello di creare un legame profondo tra il messaggio e il pubblico. Ti è mai capitato di vedere una pubblicità, rimanere a bocca aperta e pensare “cavoli, sono proprio io!”? Bingo! Quello è copywriting che ha raggiunto il suo scopo.
Lo confermano anche i dati: secondo una ricerca della University of Southern California riportata da Uneeq, oltre un terzo delle pubblicità fa appello alle emozioni piuttosto che alla razionalità:
Affinché questo tipo di comunicazione efficace sia vincente, è necessario che il copywriter abbia una profonda comprensione del pubblico a cui si rivolge e, in particolare:
- Dei suoi bisogni e delle sue esigenze
- Dei suoi desideri
- Delle sue aspettative
- Dei suoi dolori
Questi sono gli elementi base che non possono mai, davvero mai mancare a un copywriter. Sono la materia prima sulla quale lavoriamo.
C’è da evitare un fraintendimento però: non dobbiamo raccogliere queste informazioni per usarle in modo strumentale, le raccogliamo perché ci permettono di capire qual è la “via di accesso” a quello specifico target.
Un errore che non devi mai fare: strumentalizzare dolori e desideri
Lo so, la differenza è sottile ma è di fondamentale importanza capirla. Se so quello che ti fa male, non devo usare questa informazione per farti ancora più male. Per farti soffrire.
Certo, farlo mi permetterebbe di metterti in una condizione di necessità estrema: ti provoco dolore affinché tu abbia ancora più bisogno di una soluzione a quel dolore.
Questo è quello che fa il marketing “becero”, come lo chiamo io. Ti ricordi Wanna Marchi? Ecco. Rinfreschiamoci la memoria con un saggio dell’utilizzo dei dolori in maniera strumentale:
Ora, prendiamo proprio questo esempio. Devo vendere un prodotto dimagrante e decido di farlo attraverso il marketing emozionale. Come procedo?
- Per prima cosa devo fare una ricerca approfondita sul target di persone a cui questo prodotto si rivolge. Quale problema ha? Come si sente a causa di questo problema? Quale soluzione desidera?
- Poi devo scendere in profondità nel problema. Come si sente il mio cliente-tipo quando sperimenta questo problema? Che pensieri fa? Che emozioni prova?
- Infine devo dedicarmi alla soluzione: come si sentirebbe il mio cliente-tipo se avesse risolto il suo problema? Quali emozioni proverebbe?
- La comprensione delle emozioni (negative e positive) che il mio cliente-tipo prova è il mio punto di svolta: ora so come sollecitare una sua risposta emotiva
E abbiamo capito che risposta emotiva = potenziale punto di innesco di un’azione (che può portare a un acquisto).
Tecniche di marketing emozionale: parte tutto dall’empatia
Qui sopra ti ho appena fornito un esempio di come si usa l’empatia nel copywriting. Se si decide di utilizzare il marketing emozionale per “spingere” i nostri utenti target verso l’obiettivo desiderato, non si può prescindere da due cose:
- Una fase di ricerca molto, molto, davvero molto accurata
- Una fase di immedesimazione altrettanto approfondita e accurata
Empatia. Sentire quello che sente l’altro. Devi essere in grado di farlo, se vuoi scrivere gran bei copy. Ma soprattutto copy che fanno il loro mestiere.
E per poterlo fare non c’è altra via che riflettere su come si sentono le altre persone, provare a sperimentare sulla propria pelle come si sta in un paio di scarpe diverso dal nostro.
Il marketing emozionale si serve di uno strumento utile ad approfondire la conoscenza empatica del target: la mappa dell’empatia. Viene usata nella fase di ricerca, quando si deve giungere a una comprensione profonda del cliente-tipo.
Puoi usarla anche tu per approfondire la comprensione del target a cui ti rivolgi. Eccola:
L’empatia è la chiave perché crea un legame autentico tra il messaggio e il lettore, suscitando un forte coinvolgimento emotivo, che è proprio quello che vogliamo.
Perché la persona coinvolta emotivamente è meno razionale (ricordi il dato che ti ho mostrato prima riguardo alle decisioni di acquisto?)
Per riuscire a essere empatici bisogna dedicare particolare attenzione allo studio delle emozioni e della psicologia umana. Non a caso nella pagina di vendita di Copy School, il mio corso di copywriting e scrittura online, tra i motivi che dovrebbero far capire a una persona che il corso non fa per lei/lui c’è…
Il copywriting non è solo vendita. Anzi, la vendita noi spesso nemmeno la vediamo, a meno di non lavorare per un progetto commerciale nostro.
Il copywriting è mischiarsi con le persone, immergersi nella loro umanità, sguazzare tra idee, sentimenti e credenze. Siamo quelli che “arredano” il funnel con tutto ciò che può convincere una persona a rimanere e proseguire.
Per fare tutte queste belle cose, non c’è dubbio che dobbiamo sapere come funziona la mente umana. Come funzionano le emozioni. I risvolti psicologici di azioni e scelte ci devono letteralmente appassionare.
Altrimenti, te lo assicuro, possiamo applicare le tecniche più efficaci del mondo ma non ci caveremo fuori assolutamente nulla.
La stimolazione dei sensi è alla base della comunicazione emozionale
Ma torniamo alla nostra empatia. Ci siamo immersi nelle vite degli altri e ne siamo usciti vincitori: abbiamo un quadro chiaro delle emozioni positive e negative che possono fungere da leva per spingere all’azione il cliente-tipo.
Se hai mai sentito parlare di leve emotive, si intende proprio questo: usare le emozioni come propulsore di un’azione.
Le emozioni danno il via a una reazione istintiva e inconsapevole che instrada la persona verso l’azione desiderata
Bene, ottimo. Ma come si fa a suscitare un’emozione in chi legge? Magari in poco spazio e con poche parole?
Puoi stimolare i sensi di chi ti legge attraverso la scrittura immaginativa e le proiezioni.
- La scrittura immaginativa si serve di dettagli sensoriali per suscitare sensazioni emotive specifiche
- Le proiezioni creano immagini mentali che coinvolgono il lettore in una specifica situazione
Un’immagine vale più di mille parole. E un esempio serve più di mille spiegazioni.
Ecco un esempio di scrittura immaginativa (sono entrambi estratti di un copy che ho scritto io):
“Si festeggia? Allora ci vogliono le bollicine! Non puoi guardare il nastro Prosecco senza sentire nelle orecchie il suono di una bottiglia che viene stappata”
Fai caso ai dettagli sensoriali: le bollicine (vista, tatto), sentire nelle orecchie, suono di una bottiglia stappata (udito).
Ed ecco invece un esempio di proiezione:
“Immagina di stenderti al sole con indolenza a giocherellare con la sabbia tra le mani.”
Puoi riconoscere facilmente le proiezioni perché vengono introdotte da frasi come ‘Immagina di…’, ‘Pensa se tu fossi…’, ‘Non sarebbe bello trovarsi…’ e via dicendo.
La scrittura immaginativa è ormai talmente utilizzata che nemmeno ci facciamo più caso quando ci imbattiamo in essa.
Se vuoi imparare a padroneggiarla in maniera efficace, il consiglio migliore che posso darti è quello di leggere i libri giusti.
Per concludere: scrittura immaginativa e proiezioni sono approcci che permettono al lettore di immergersi nell’atmosfera descritta e provare emozioni vivide e coinvolgenti.
Emozione → coinvolgimento → azione
Tecniche di marketing e comunicazione da usare con cautela: la sollecitazione diretta
Hai presente i post social dei politici? Ma anche quelli dei guru più “spinti”, quelli che devono assolutamente convincerti di avere in mano la chiave della tua salvezza?
Hanno sempre un elemento in comune: ti dicono come ti devi sentire.
Politico di turno: “I migranti stanno invadendo le nostre case e rubando le nostre figlie!” . Sottinteso: devi essere arrabbiato, devi odiare.
Guru di turno: “La tua vita è un continuo susseguirsi di fallimenti e tenti invano di prenderne il controllo”. Sottinteso: devi sentirti un fallito (e anche piuttosto triste).
Facci caso, non c’è mai spazio per il dubbio. Non costruiscono un contesto che ti porta a sentirti in una certa maniera, che se sei la persona giusta per quel messaggio sollecita in te un’emozione.
No. Questi messaggi ti dicono “devi essere arrabbiato”. “Devi sentirti un fallito”. “Devi odiare una certa parte della società”. “Devi provare disprezzo per te stesso”.
Le emozioni sono potenti, come abbiamo detto, e chi è disposto a sfruttare qualsiasi tecnica di marketing pur di raggiungere il proprio scopo non si fa scrupoli a utilizzare una delle armi più poderose a sua disposizione.
Il ragionamento è il seguente:
Ti incito all’odio → suscito una risposta emozionale forte → mi presento come la persona che può eliminare la fonte del tuo odio
Oppure:
Ti porto a disprezzare te stesso → suscito una risposta emozionale forte → mi presento come l’unica persona che può salvarti da quella situazione
La verità è che non dovremmo mai dire a qualcuno come si deve sentire. Dobbiamo fermarci un passo prima. Un solo passo, ma fondamentale.
Quel passo di distanza è quello che ci permette di salvaguardare la nostra etica. Questo dovrebbe sempre fare un copywriter alle prese con il marketing emozionale: io faccio del mio meglio per metterti nelle condizioni di provare un’emozione.
Se la provi bene, sei la persona che sto cercando. Sei in target. Mi impegnerò per portarti alla conversione. Se non la provi… amici come prima, non eri il mio cliente ideale.
La sollecitazione diretta sceglie una via più coercitiva: ti dico che devi sentirti in una certa maniera perché ho bisogno che tu ti senta così, altrimenti non vinco (politico)/non vendo (guru).
Non c’è spazio di scelta. E questo è il problema alla base di molte tecniche di marketing che vengono usate a sproposito da venditori senza troppi scrupoli.
Il problema delle leve emotive negative
Ci avrai fatto caso: chi opta per la sollecitazione diretta sceglie più spesso che no di suscitare negli altri emozioni negative. Rabbia, odio, ira, delusione, frustrazione, tristezza, malinconia…
Le leve emotive negative, nel marketing (emozionale e non), vanno usate con molta cautela. Per un semplice motivo: le emozioni negative possono far male.
“Punzecchiare” una persona riguardo al suo aspetto fisico fuori standard (sovrappeso, obesità) o alla sua condizione di vita non soddisfacente (lavoro che non piace, stipendio basso) può farla sentire offesa.
Giocare col dolore altrui è come giocare con il fuoco: è facile perdere il controllo. È un attimo che la persona si senta giudicata, presa di mira, ferita. E a quel punto scappa.
Cosa fare quindi? Il consiglio che posso darti è di procedere con i piedi di piombo. L’ho detto e lo ribadisco: i dolori (i pain points) del nostro target sono la merce più preziosa per un copywriter.
Ma vanno usati con estremo rispetto e grande sensibilità. La sollecitazione diretta non è certo la via più saggia e rispettosa di procedere.
Quindi? Dovremmo smetterla di fare marketing emozionale e rinunciare al copywriting?
Risposta ovvia: no. Ma dovremmo sicuramente tutti approcciarci al marketing emozionale e al copywriting nella maniera giusta.
Ovvero consapevoli che non abbiamo la bacchetta magica. E non dobbiamo aspirare a mettere in catene il nostro cliente-tipo per condurlo obbligatoriamente alla conversione.
La comunicazione emozionale è uno strumento potente, il copywriting è un’arma portentosa ma… c’è un limite a tutto: è fisiologico e naturale che perderemo per strada una parte delle persone raggiunte dal nostro messaggio.
Ecco, quello che più mi stupisce di alcuni copywriter e marketer oggi è l’illusione di poter convertire tutti grazie a tecniche di marketing e vendita “portentose”.
Non è mai stato così né mai lo sarà.
Il nostro sforzo maggiore non deve essere rivolto a vendere, bensì a comprendere le persone a cui ci rivolgiamo. Più siamo bravi a farlo, migliori saranno i nostri messaggi, maggiori saranno le vendite.
Prima di lasciarti, un ultimo consiglio: interessati alle persone. Approfondisci la tua conoscenza della psicologia. Ti garantisco che ti sarà più utile di leggere l’ennesimo manuale di copywriting.
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